R.g. 15781/2016
Ud. 8.11.2016 – P.U. – Pubbl. 20.01.2017 – Racc. Gen. 1546/2017 – Rel. Petitti
disciplinare magistrati – magistrato già condannato alla sanzione della censura e alla sanzione accessoria del trasferimento d’ufficio – ricorso per cassazione – annullamento con rinvio relativamente alla sottrazione del magistrato delle funzioni semidirettive in precedenza svolte – giudizio in sede di rinvio – trasferimento d’ufficio ad una corte d’appello con funzioni di consigliere – ricorso: dedotta ammissibilità del trasferimento d’ufficio quale sanzione accessoria solo limitatamente alla sede e non anche alle funzioni (nella specie, quelle semidirettive assolte presso la procura nazionale), con conseguente violazione del dictum della sentenza di rinvio (RGN 15781 del 2016).
SU accolgono il primo motivo, assorbito il secondo; cassano e rinviano. SU accertano la violazione, da parte della Sezione disciplinare in sede di rinvio, del principio di diritto affermato dalla sentenza rescindente (SU n. 24825 del 2015), il quale precludeva che poteva essere ancora posta in discussione l’assegnazione al magistrato di funzioni semidirettive.
Nella sentenza in esame (n. 1546/17) le Sezioni Unite affrontano la questione della sanzione accessoria del trasferimento ad altra sede o ad altro ufficio prevista dall’art. 13 comma I D. Lgs. 109/2006 che può essere disposta Sezione disciplinare del C.S.M. in caso di condanna disciplinare del magistrato ad una sanzione principale diversa dall’ammonimento o dalla rimozione.
In tale ipotesi è stato precisato che il trasferimento non può comunque mutare le funzioni precedentemente svolte, sicché, qualora il magistrato rivestiva funzioni semidirettive o direttive, le stesse devono essergli garantite, pur nella nuova sede o ufficio.
Al di là della particolarità del caso concreto (caratterizzato dallo svolgimento, da parte del magistrato, di funzioni presso la Procura nazionale Antimafia, che costituiscono di per sé un unicum, non essendo le funzioni di coordinamento nazionale sovrapponibili a quelle requirenti esercitate presso le Procure della Repubblica o le procure generali presso le Corti d’Appello), ed al di là, altresì, dei limiti processuali nascenti dal giudicato interno formatosi nella specifica controversia, dev’essere rimarcata la profonda differenza, sottolineata dalle Sezioni Unite, tra la sanzione accessoria conseguente alla condanna disciplinare, la quale non consente il tramutamento di funzioni ma solo il passaggio ad altra sede o ufficio, e la misura cautelare e provvisoria prevista dal II comma del citato art. 13, in cui, in casi di particolare urgenza, in pendenza di procedimento disciplinare, la Sezione disciplinare può disporre il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni del magistrato incolpato, su richiesta del Ministro della Giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione.
Ne consegue che, stante il predetto limite normativo, la sanzione accessoria che completa il trattamento punitivo disciplinare, non può mai spingersi a modificare le funzioni che il magistrato svolgeva (non direttive/semidirettive/direttive; requirenti/giudicanti), senza che, ad esempio, le funzioni semidirettive o direttive possano venire misconosciute invocando l’esistenza di disposizioni regolamentari consiliari in tema di conferimento degli incarichi semidirettivi e direttivi: in proposito, le Sezioni Unite hanno ribadito che il potere cd. para-normativo del C.S.M., che si esprime attraverso la auto-regolamentazione del proprio potere discrezionale, resta sempre subordinato alle disposizioni primarie: ergo, esso non può essere utilmente invocato per sottrarsi all’applicazione della norma posta dal citato art. 13 comma I D. Lgs. 109/2006 che prevede, si ripete, un mero trasferimento.
a cura di Paola Mastroberardino